“Il ruolo di Spotify nella carriera di un artista”
Ciao, benvenuto in questo nuovo articolo di Music Caffeina!
Siamo Daniele Iudicone e Lorenzo Sebastiani, e oggi ti parleremo del ruolo di Spotify nella tua carriera di artista, nello specifico come cantante di inediti, seguendo il mood di questo blog.
Ti daremo dei consigli per scoprire i retroscena del mondo discografico, capendo come evitare le “sole” e ottenere un buon risultato come musicista.
Spotify negli ultimi anni si è affermato in maniera dirompente nel mercato mondiale, ma anche e soprattutto nel mercato italiano.
Quindi, vogliamo spiegare bene qual è il ruolo di Spotify e come lo puoi sfruttare al meglio.
Ovviamente parliamo di Spotify, ma ci riferiamo a tutte le piattaforme di streaming a pagamento, come Tidal, Deezer o Apple Music.
La grande differenza di Spotify è che è anche un social: puoi creare delle playlist e seguire quelle create dai tuoi amici.
Questa possibilità è più chiusa nelle altre piattaforme, come Apple Music. Lo puoi fare, ma non è così immediato come con Spotify.
Anche la struttura sistemica è più semplice.
Spotify è partito per primo a livello di successo globale, nonostante Tidal fosse nato precedentemente.
Ma la vera rivoluzione è che Spotify ha personalizzato il flusso musicale.
Non è una radio che impone brani a uno spettatore passivo, ma porta a un ascolto attivo.
Vai a cercare all’interno di una gigantesca libreria con tutti i brani esistenti al mondo, più o meno famosi, e crei la tua personalizzazione.
Nasce con questo scopo, anche se non è proprio così, dato che non è semplice capire i gusti musicali personali.
Però ci sono dei sistemi all’interno, come il release radar o la discovery weekly, che ti permettono di ascoltare nuova musica personalizzata a seconda del tuo gusto musicale.
Quindi indotta attraverso i like e i tuoi ascolti.
È rivoluzionario, perché dà la possibilità a piccole realtà di trovare un pubblico.
Puoi essere un cantante blues, e da qualche parte del mondo ti potranno ascoltare se sarai associato a una playlist.
La rivoluzione di Spotify
Su alcuni libri si parlava del concetto della musica liquida, e ancora non esisteva Spotify, ma già c’era questa cosa a livello filosofico e poi è diventata realtà.
Per le nuove generazioni e i nuovi generi – come la trap – questo strumento va forte. Per le realtà più vecchie?
Qual è la differenza tra un 17enne di adesso che sta facendo musica nato già con Spotify e chi invece l’ha scoperto solo dopo?
La differenza è massiccia.
Pensa che Sfera Ebbasta è l’artista che nel 2018 ha avuto più successo, e in radio non passa come Cremonini, Jovanotti o tanti altri.
Una volta la radio aveva una coerenza molto più stretta tra quello che era il disco più venduto dell’anno e ciò che trasmetteva.
Spotify ora influisce moltissimo su ciò che va di moda. Ci sono dei veri e propri artisti o generi che nascono lì, vedi l’indie.
È come quando emergevi da YouTube, o come AdWords per Google: dà possibilità al sistema meno mainstream e mediatico di venire fuori.
Ovviamente non è del tutto vero, perché anche Spotify ha delle logiche di sistema.
Questa piattaforma ha, infatti, delle percentuali molto alte di proprietà di Sony, Warner e Universal, quindi non è così imparziale e democratico.
Però nasce con questo scopo e per alcuni funziona davvero molto bene.
Spotify for artist
Puoi entrare in Spotify anche se non hai la casa discografica, attraverso un aggregatore.
È una terza parte: sono società come la Believe o tante altre.
Ti iscrivi a questo aggregatore, paghi una quota annuale che può essere di 20 € o giù di lì e puoi andare su Spotify e su tutte le distribuzioni digitali (quindi anche Apple Music, Deezer e così via).
Spotify for artist è il nuovo sistema della piattaforma, ancora in versione beta in Italia, ma che si sta sviluppando in Inghilterra e Stati Uniti.
È molto utile: una ragazza a Londra attraverso questo sistema ha raggiunto un milione di streams, arrivando a far trasmettere il suo brano dalla BBC, e sta ora pubblicando il suo secondo disco.
Considera che un milione di streams è pari a circa 4.000/5.000 €. Forse in Inghilterra anche un po’ di più.
Spotify ti paga. Non solo divulga la tua musica, ma ti paga a seconda dei tuoi streams.
Questa ragazza, che è di Ferrara e si è trasferita a Londra, è entrata in una playlist gestita – dicono – da Paul McCartney, con qualche milione di follower, che si chiama “Soft Hits”, dopodiché è passata su una rubrica della BBC sui nuovi talenti e ora è in produzione il suo secondo album.
Non è che lei ha progettato tutto ciò.
Probabilmente c’è un team che cura Spotify for artist e decide quali canzoni sono opportune per le varie playlist, che si nutrono continuamente di musica nuova.
È quindi fondamentale entrare in una playlist.
Spotify, infatti, funziona per ricerca diretta, come quando vuoi ascoltare l’album dei Linkin Park e cerchi quello, oppure per playlist.
Calcola che la piattaforma free ragiona molto in questa maniera (più di quella premium), perché hai un ascolto shuffle, una limitazione nell’ascolto diretto.
Ecco perché diventa fondamentale essere inseriti in una di queste selezioni.
Non sappiamo se il sistema per sottoporre direttamente i vostri brani alle playlist di Spotify mentre stai leggendo questo articolo è già attivo in Italia, ma ricordalo.
È un pezzo importante della tua strategia.
Considera che molte major guardano quanti streams fanno gli artisti.
Sono indicatori di mercato, che mostrano se il tuo brano piace o no alle persone.
L’inserimento della tua canzone in una playlist da parte di un utente privato può essere un indicatore di successo.
Quindi la casa discografica ha l’interesse di vedere qual è l’artista più suonato su Spotify, ma non solo: lo stesso locale dove vuoi esibirti può cercarti per vedere se hai o meno un pubblico e capire quale musica fai, per sapere se vuole sentirti.
Spotify è un indicatore.
Ha però delle logiche che devi gestire bene soprattutto dal punto di vista artistico, perché tende a omologare un po’.
Non entrare nell’omologazione esagerata quindi: per entrare nella playlist devi essere più o meno simile a quell’artista lì, ma non essere un clone.
Prendi la playlist indie: ma quanti cloni di Calcutta ci sono?!
Così anche nella trap.
Quando un musicista crea un prodotto che va forte arrivano subito i cloni, è una legge di mercato.
Quindi se un giorno sarai clonato sarà un grande indicatore di risultato.
D’altra parte, attento a non diventare tu un clone. Altrimenti diventerai solo un fake, una brutta copia dell’artista.
Bisogna che tu mantenga elementi di familiarità con i tuoi brani.
Spotify manda delle linee guida ai produttori, dove dice quanto deve durare l’introduzione, quanto il brano.
C’è questa tendenza a fare un’introduzione molto breve. Pensa a Calcutta, che inizia tutti i brani col ritornello!
È un’esigenza dettata molto dal mondo dello streaming.
È cambiata la forma musicale.
Attenzione quindi, anche durante la composizione. Su internet puoi trovare delle linee guida.
Per non parlare dei corsi su Spotify! Ci sono studi della piattaforma, anche se per ora solo all’estero.
Ma arriveranno anche in Italia, stanne certo.
Grazie dell’attenzione, ci vediamo alla prossima!